Settembre è sempre stato il mio mese preferito. L’inverno è ancora lontano, ma anche l’afa torrida dell’estate inizia a concedere un po’ di tregua: le giornate si accorciano, è vero, ma sono ammorbidite dai colori caldi dell’autunno, dai viali alberati e dai primi toni di rosso, giallo, ambra. Le vacanze sono finite, e anche se questo porta con sé un velo di malinconia a me è sempre piaciuta di più l’idea di ripartire, riposata e carica di energie. Di solito, infatti, uso l’estate per riflettere e cercare nuovi stimoli, proprio perché per me settembre è il mese perfetto per programmare cose nuove, sopratutto da un punto di vista professionale (gennaio, con la campagna di Natale alle spalle, mi lascia sempre troppo stanca!).
Quest’anno, tuttavia, è un anno speciale, perché ho passato l’estate quasi sempre a Torino, e ho lavorato fino al 14 di agosto prima di entrare in maternità. Tante letture, certo, ma pochi progetti “grandi” per il futuro, perché l’arrivo di un bambino è qualcosa che cambierà i miei ritmi in un modo che ancora non posso prevedere, ed è quindi inutile fare troppi programmi quando sai fin da ora di doverli condividere con un nanetto che richiederà l’esclusiva per qualche tempo. Ad ogni modo, non sono stata inattiva, e qualche riflessione per la ripresa dell’anno lavorativo vorrei condividerla con voi – chissà che non ci sia qualche spunto utile!
Ascolta chi è diverso da te
Molti dei fundraiser che conosco sono legati davvero alle cause per cui raccolgono fondi: credono nelle organizzazioni non profit per cui lavorano, fanno volontariato e seguono con passione le vicende del terzo settore. Quasi sicuramente, come è normale , frequentano persone simili a loro, condividendo indignazione e interessi per ciò che succede nel mondo. Il problema, purtroppo, è che il mondo non si può racchiudere nella stretta cerchia di amici, colleghi e famigliari. Non so se avete avuto anche voi la stessa sensazione, ma questa è stata un’estate particolarmente carica d’odio. I social hanno lasciato spazio non solo alla ormai tollerata categoria degli haters di professione, ma anche e sempre più al giudizio arbitrario, spesso superficiale e volubile, delle persone comuni: vi sorprenderebbe sapere che il vostro mite vicino di casa è convinto che le ONG favoriscano il traffico di migranti? Che la vostra amica delle medie, ritrovata su Facebook qualche anno fa, crede che davvero che donare voglia dire arricchire le tasche di una qualche non profit?
Noi non possiamo cambiare il mondo, certo. Non sono nemmeno così convinta che rispondere con argomenti ragionati a due righe sgrammaticate su Facebook sia la soluzione. Tuttavia, come fundraiser, dobbiamo essere coscienti dei sentimenti che agitano le acque – dei social, dei giornali, del bar. Perché i nostri volontari devono poter rispondere alle critiche. I nostri mailing devono prevenire le domande, le obiezioni, i pregiudizi. I nostri CdA devono essere pronti a fare la loro parte, ognuno con i propri contatti e reti sociali. E non è questione di buonismo. Molto pragmaticamente, far finta che queste persone, la loro diffidenza e il loro pregiudizio non esistano, vuol dire condannarci a parlare solo con chi conosciamo già, e – cosa anche peggiore – a liquidare questo problema come qualcosa che non ci riguarda. Il che non è vero, per nulla.
L’importanza delle reti sociali
Viviamo nell’epoca dei social network, dove tutti possiamo avere milioni di amici restando dietro un monitor in perfetto isolamento. George Monbiot l’ha chiamata “l’epoca della solitudine“. Abbiamo creato società umane all’interno delle quali isolarsi da ogni legame è più facile che mai. All’interno delle quali il legame quasi non appare necessario, se non per fini professionali o – al limite – sessuali. Non è una novità, eppure mai come in questa estate, mi sono resa conto dell’importanza delle reti sociali (quelle vere!) e di come la loro lenta disgregazione sia direttamente collegata a certe forme di alienazione e disagio contemporanei.
Attenzione: non vi parlo di alti studi accademici che mettono in correlazione la solitudine alla tossicodipendenza, no! Vi parlo, molto più banalmente, di una giovane donna che sta per diventare mamma e non ha intorno a sé coppie di amici che stanno vivendo lo stesso percorso ( sembra strano, ma noi trentenni siamo una categoria molto particolare!). Scopro così di non avere coetanei con cui confrontarmi, di non sapere chi chiamare se ho un dubbio, di aspettare con ansia il giorno del corso pre-parto solo per conoscere future neo mamme. E non pensate che questi siano solo i deliri di una puerpera solitaria. Capita lo stesso al nonnino che vorrebbe tanto andare al concerto ma non ha nessuno che lo accompagni, alla signora cinquantenne a cui piacerebbe fare un viaggio in India, ma non si è mai spostata così lontano e da sola è troppo timorosa per partire. Capita a tantissime persone, di tutte le età e con gli interessi più diversi. E’ per questo che esistono moltissime associazioni!
Ricordatevelo sempre quando cercate dei volontari, ma anche quando organizzate eventi e incontri: favorite l’incontro reale tra le persone e favorirete la donazione, per il semplice motivo che avrete innescato un sentimento prezioso, quello della gratitudine. In particolare se siete un tipo di non profit che fa dell’associazionismo il suo fiore all’occhiello, ricordatevi di non trascurare mai i soci e le persone che ne fanno parte, perché il sentimento di appartenenza (ad un gruppo, ad una causa) è il primo passo verso la donazione.
I miei buoni propositi per settembre
E’ stato un post lungo, perdonatemi. Vengo subito al sodo, quindi, elencandovi i miei tre buoni propositi, che spero di mantenere almeno fino a dicembre!
- Rinnovare la mia vita sociale, in particolare quella associativa. Sono socia attiva di alcune associazioni, come Rete al Femminile e Assif (da settembre a dicembre per il Gruppo Territoriale Piemonte sono in vista incontri fighissimi!) , e ho già iniziato a guardarmi intorno: Torino in fondo offre tantissime possibilità alle mamme con neonati!
- Stay tuned: questa estate di quasi forzata tranquillità mi ha regalato letture intense, di quelle che non facevo più dagli anni delle superiori. Libri, ma anche riviste e articoli online, non per forza legati all’attualità, anzi. Ho scoperto che una maggior conoscenza del passato ci dà molti strumenti in più per affrontare il presente, e intendo continuare su questa linea per tutto il prossimo anno.
- Corsi e aggiornamenti: tasto dolente, questo, perché dubito di poter organizzarmi così bene da poter frequentare un corso come vorrei. Tuttavia, sto navigando nel vasto mare magnum dei webinar (alcuni davvero interessanti, come questo di Coursera), e se trovo qualcosa che posso seguire online, da casa, compatibile con i miei interessi, i miei tempi e modi, chissà che non ceda!
E voi? Quali sono i vostri buoni propositi da qui al nuovo anno? Scriveteli qui sotto, così a dicembre possiamo guardarci indietro e vedere se stiamo stati bravi!
Concordo sulle tue riflessioni, lavorando in una onlus che si occupa anche di migranti, dobbiamo prestare molta attenzione ai nostri donatori.
Riguardo i buoni propositi, ho visto che hai già letto i miei 🙂
Quest’anno mi sono imposta di averne tanti e davvero buoni, perché, oltre a delle buone ferie, ti danno l’energia per ricominciare alla grande!
Ah…ho omesso una cosa: il corso di Zumba. Anche quello serve, per bruciare e soprattutto per liberare la mente, cosa che a noi fundraiser serve!
Auguri per il pargolo in arrivo!