Avete presente le rimpatriate di scuola, quelle dove ti ritrovi in un colpo solo davanti a 20 persone che non vedi da anni e che ti chiedono di riassumere in un’ora tutta la tua vita?
Ecco, io le ho sempre odiate. Odio stare al centro dell’attenzione, odio avere più di 5 persone che mi ascoltano parlare, odio dover decidere cosa dire di importante e cosa no della mia vita, che non sarà avvincente come quella di Indiana Jones, ma di certo non mi annoio nemmeno io. Però, da quando ho frequentato il Master in Fundraising, devo ammettere che ho fatto pace con questa antipatia che mi portavo dietro, e anzi ho scoperto di amare particolarmente certe “reunion”.
In 2 è amore, in 600 è una festa
Certo, da qui a dire che mi proporrei come relatore per il Festival del Fundraising o il Fundraising Day, ne passa di acqua sotto i ponti. Parlare in pubblico non è esattamente una delle mie passioni, ma almeno ho iniziato ad attendere con un misto di ansia e trepidazione queste occasioni in cui, in un colpo solo, rivedo tante persone con cui ho condiviso un anno della mia vita. Per loro sono disposta perfino a concentrare il mio ultimo anno in 5 minuti!
Può sembrare strana la percezione di un evento come il Fundraising Day, che raccoglie in un giorno solo 600 professionisti del mondo del Fundraising, come una specie di festa, ma in effetti credo di non essere l’unica a viverlo con questa “leggerezza”, quella leggerezza di cui parlava Calvino, che non è superficialità ma planare sulle cose dall’alto, senza macigni sul cuore.
Il Fundraising Day per me è questo: è un momento di formazione, certo, ma è soprattutto un momento di leggerezza e grande energia per il fatto di ritrovarsi, abbracciarsi, scambiarsi sorrisi e battute, interrogarsi sulle ultime strategie social e chiedere consiglio ad un collega per una campagna o un mailing. Insomma, è il modo più bello di vivere per un giorno la propria vita da fundraiser lontano dall’ufficio, dal resto dei colleghi (a volte), dal proprio Consiglio Direttivo, dalle ansie e dalle preoccupazioni che ogni giorno ci portiamo dietro.
Perchè le occasioni come il Fundraising Day sono assolutamente da non perdere
Semplice, perchè trovare un’altra situazione dove puoi rivedere almeno 20 persone a cui vuoi bene, incontrare almeno 10 professionisti del settore che stimi, seguire almeno 4 sessioni di qualità che ti serviranno da ispirazione per tutto il prossimo piano strategico nella tua ONP… beh, credo sia impossibile! (Se conosci un altro modo, scrivimi, perchè sono davvero curiosa!).
Ma soprattutto:
1. Dura un giorno solo, di sabato, quindi non puoi trovare scuse del tipo: “Non posso allontanarmi dal mio ufficio, senza di me il banchetto di ciclamini alla sagra della salsiccia va a rotoli!”
2. E’ economicamente abbordabile anche se te lo paghi da solo, caro collega. Parola di fundraiser sempre al verde!
3. E’ in una location accessibile, raggiungibile con il treno, autobus, macchine di altri colleghi. E basta con questa Milano! La Romagna rivendica con orgoglio la maternità del fundraising italiano (sono sicura che Melandri è d’accordo con me).
Sei piccolo? Non demordere!
Sì, lo so cosa pensi. “Sono l’unico fundraiser della mia organizzazione, abbiamo poche risorse economiche e un Consiglio Direttivo accomodante quanto i Bruti in Game of Thrones (se non sai di cosa parlo, rimedia subito!), cosa diavolo posso portarmi a casa dalle sessioni di Action Aid e Medici senza Frontiere?”.
E’ un pensiero che faccio spesso anche io, ma ti posso assicurare che le aspettative in un evento di formazione come questo non sono mai state deluse. Certo, non posso tornare a casa e proporre al mio Board un piano mailing da migliaia di euro, o sperare che la mia piccola organizzazione venga scelta da un importante testimonial, ma sai cosa? Chi se ne frega. La vita è fatte di sfide, continue e incessanti, e per me la più grande è questa: dimostrare che tutti ce la possono fare, con poche risorse, piccoli budget, risicata visibilità ma tantissima passione e perseveranza.
Prendendo le idee buone e riuscendo, con creatività, spirito di adattamento e coerenza, ad adattarle alla propria realtà.
Io seguirò sicuramente le sessioni di Ana Maria Vella “Dalla piazza virtuale alla piazza reale e ritorno: eventi&social per far crescere la community dei donatori” e quello di Eleonora Terrile, “Come “essere umani” in teoria e in pratica, con buona pace di Copysauri, Digital-writer e Storyteller”, che mi sembrano particolarmente adatte per una ONP di piccole dimensioni come quella in cui lavoro. Un buon punto di partenza per una giornata impegnativa, no?
Ce ne sono però diverse che mi interessano molto e chissà, magari all’ultimo ribalterò i piani e andrò a scoprire come hanno fatto quelli di Action Aid a coinvolgere quei geni di The Jackal!
Allora, ci vediamo là?
Pingback:Fundraising Day 2017: tornano le pagelle! - RaccontaFondi