Fare fundraising è come traslocare: l’affermazione potrebbe sembrare assurda, se non fosse per il fatto che nasce da una serie di riflessioni dovute all’esperienza personale di chi scrive. Il 15 settembre 2015, infatti, ho lasciato la casa in cui stavo da due anni con la coinquilina per trasferirmi con il fidanzato storico nel nostro nuovo nido: ed è in questi giorni convulsi, fatti di scatole, gastronomia cinese e rulli per dipingere che ho realizzato questa verità. Perché fare fundraising è come fare un trasloco?
Devi prendere bene le misure
Puoi portare nella casa nuova il tuo vecchio divano, fare due rampe di scale sudando come un cammello per poi scoprire che il muro è 20 cm più corto del divano e che non ci sono altre pareti in cui sistemarlo. Oppure, puoi comprare una lampadina e scoprire che tutti i tuoi lampadari hanno un attacco diverso. Puoi anche decidere di sistemare il bastone delle tende “ad occhio” e poi, una volta montate, avere l’impressione di trovarti in un quadro di Escher. Era così difficile prendere prima le misure? La risposta è meno scontata di quello che si potrebbe pensare. Perché – e chi lavora in piccole o piccolissime ONP lo sa bene – il rischio di lasciarsi sfuggire qualche dettaglio che si rivelerà fondamentale è sempre dietro l’angolo. Di solito poi, quando ci si trova nel vivo dell’azione, è ovviamente molto difficile correggere il tiro, per cui ci sente doppiamente beffati. Perché nessuno ha pensato ad un piano B in caso di pioggia per l’evento di piazza? Perché ci sono pochi volontari in un punto e troppi nell’altro? Perché abbiamo aspettato due settimane prima di ringraziare quel donatore? Ecco. Nel fundraising non c’è spazio per l’improvvisazione. Pianificare, pianificare e ancora pianificare. Se questa cosa non è chiara, forse è meglio non cambiare casa ancora per un po’.
Scopri che non puoi fare tutto da solo
Certo: se il sabato mattina decidi di decorare tu stesso il bordo del soffitto (a 4,5 metri da terra, su una scala che – vi assicuro – era tutto fuorché stabile) nessuno te lo può impedire. Ma poi è inutile lamentarsi del tempo impiegato, della lentezza dei lavori, del fatto che c’è tanto, tantissimo ancora da fare. A me piace il fai-da-te, ma nonostante questo ho imparato a delegare. Il che comporta due cose fondamentali: la prima è che devi avere ben chiaro qual è il tuo obiettivo, cosa vuoi chiedere esattamente alla persona che ti darà una mano. La seconda è che devi fidarti che quella persona, scelta da te, saprà fare il suo lavoro. Questo l’ho scoperto pochi giorni fa, affidando ad una grafica la realizzazione delle brochure e dei roll up della Fondazione per cui lavoro. La prima sensazione è stata di sollievo: ” Ora finalmente avrò il tempo di dedicarmi a cose più importanti”. Poi di panico: “Sarò stata chiara? Avrà capito cosa intendevo? Saprà interpretare la nostra buona causa?” Infine, mi sono arresa. La scelta era stata fatta, conoscevo la ragazza e – oggettivamente – avevo troppe cose a cui pensare che non all’esatta corrispondenza della sfumatura di verde del logo. E’ andata bene, devo dire, sia con la grafica che con l’elettricista ( il muro, invece, alla fine me lo sono dipinto da sola!)
Parole, parole, parole…
Quando dici che cambi casa gli amici si congratulano con te e la frase di rito è “Oh, se hai bisogno fai un fischio!”. Sarebbe quindi giustificato il mio stupore quando, a mezzanotte del giorno prima del trasloco, sto ancora facendo scatoloni e gli oggetti continuano a spuntare dal nulla. Dove sono tutti? Dove sono il giorno dopo, quando c’è da caricare e scaricare un numero indefinito di mobili, scatole, gatti e chi più ne ha più ne metta? La risposta non è, come si potrebbe pensare istintivamente, che i veri amici si vedono nel momento del bisogno. La verità è che bisogna ricordarsi di chiedere! La gente dona (tempo, soldi, beni) se glielo chiedi! Certo, c’è chi ti conosce da anni e a Natale, puntuale, ti farà la sua bella donazione, ma per tutti gli altri vale la regola: non dare per scontato che la gente sappia esattamente cosa fare per aiutarti. Abbi il coraggio di chiedere una donazione, un’ora di volontariato. Dai alle persone la possibilità di rispondere “sì, ci sono”. Questo, se non fai una domanda chiara e precisa, potrebbe non succedere mai. E già che ci siamo, ricordati di dare qualcosa in cambio (simbolico, ovvio: io me la sono cavata con due birre e un piatto di pasta!), e di ringraziare dopo – ma questo che ve lo dico a fare, ormai? 🙂
Impara ad avere pazienza
Non si può avere tutto subito. Io ho voluto entrare in casa il giorno dopo aver portato dentro tutte le mie cose, con il risultato che oggi, a distanza di quasi un mese, vivo in un appartamento quasi normale: ci sono ancora scatole tra i piedi, scale in giro e quadri appoggiati per terra in attesa di un chiodo. Ma, come per tutte le cose, ci vuole pazienza. Nessuno può pretendere di avere la casa “chiavi in mano” dopo un mese. Allo stesso modo (e questo ricordatelo al vostro CdA, se è il caso) non si possono vedere i risultati subito: anche nel classico banchetto, per cui si ha subito un riscontro, ci sono cose che si vedono dopo mesi…figuriamoci poi se l’associazione parte da zero! Pazientate, gente, pazientate: se state facendo bene il vostro lavoro, i risultati arriveranno!