Ho fatto la mia prima tessera della biblioteca a 5 anni. Era ovviamente una tessera inutile, perché per prendere i libri in prestito ci voleva quella di un adulto “tutor”, ma ricordo perfettamente quella sensazione di orgoglio provata nel tenere in mano il cartoncino bianco con il mio nome e cognome. Nel 1990 la tessera non era ancora digitale: ogni volta che prendevi un libro il bibliotecario timbrava la scheda con la data di restituzione, e ti riconsegnava la tessera, anch’essa timbrata per ricordarti di riportare il libro indietro. Chissà perché, avevo già la precisa sensazione che fosse importante riempirla di timbri, e anche se all’epoca leggevo solo Topolino mi vantavo ogni volta che dovevo rifarla perché avevo esaurito lo spazio. La mia biblioteca, quella del mio quartiere, non è una biblioteca come le altre. Nel 1800 era la villa di un nobile torinese, e benché il comune l’abbia poi acquistata, permane tuttora quell’alone di nobiltà decaduta che la rende inconfondibile.
Villa Amoretti, la mia biblioteca
Un edificio su tre piani, a cui si accede tramite una doppia scalinata. Quando ero piccola, la sala ragazzi si trovava dopo l’area consultazione: un salone buio, con finestre alte due metri quasi sempre chiuse e vecchi signori col capo chino su polverose enciclopedie o la copia giornaliera de La Stampa. Attraversavo veloce quella sala, temendo sempre che qualcuno mi sgridasse perché i miei passi sul parquet scricchiolante disturbavano la lettura. Ci sono cresciuta a Villa Amoretti. Conosco i suoi bibliotecari, e nel tempo ho sviluppato le mie preferenze, sapendo chi era il più permissivo quando ero in ritardo con la restituzione e chi il più preparato per cercare un libro particolare. Col tempo, la villa è stata restaurata: è stato creato un salone per le mostre temporanee, una nuova zona per ragazzi e una splendida sala centrale con i libri in prestito. L’antica aranciera – che nome stupendo! – è diventata un luogo di consultazione dei giornali, mentre fuori, nel parco, giocano i bambini e si fermano a chiacchierare gli studenti.
L’Art bonus e il deserto dei Tartari
Oggi sono tornata, in biblioteca, per fare quattro chiacchiere e capire come mai, ad oggi, non c’è stata una sola donazione per la villa. Ma l’Art Bonus non doveva fare miracoli? A quanto pare no. Un piccolo poster, triste e solitario su una bacheca, spiega che “L’Art Bonus fa bene anche a te”, ma se non sapessi che uno dei 14 progetti scelti dal comune di Torino riguarda proprio la ristrutturazione della biblioteca passerei oltre, indifferente. Sui tavoli ci sono mille volantini per le più svariate iniziative: nessuno, non uno, che parli dell’Art Bonus. Mi faccio forza e con un insano masochismo decido di parlare con una bibliotecaria.
– Mi scusi, dove posso trovare informazioni sull’Art Bonus?
– Su cosa?
– L’Art Bonus, il decreto per cui se faccio una donazione a questa biblioteca posso detrarre il 65% dalle tasse…
– Ma vuole donare dei libri?
– No, voglio donare dei soldi!
– Ah.
(silenzio)
– Mi scusi, ma non ne ha mai sentito parlare prima?
– No.
(silenzio)
– Comunque se vuole fare una donazione contatti la Biblioteca Civica Centrale.
– Ma i soldi vanno a voi, cosa c’entra la biblioteca Centrale?
– Fanno tutto loro per quel che riguarda i soldi.
Rassegnata, ma decisa ad andare a fondo alla questione, attraverso la sala di lettura e vado al banco informazioni. Mentre torno indietro rifletto che, se davvero i dipendenti non sanno nulla dell’Art Bonus, non c’è da stupirsi che non sia stata fatta ancora nessuna donazione. Ad ogni modo, ci riprovo: il secondo bibliotecario ha almeno sentito parlare del decreto, ma solo perché ha letto “qualcosa sui giornali” (nella fattispecie, l’articolo del 30 luglio 2015 apparso su La Stampa). “Pare che non vada molto bene” – mi dice. “Già, ma voi qui state organizzando qualcosa? Una riunione informativa, dei volantini, un incontro per il personale….cose così, insomma”. No. Non stanno organizzando nulla. Mi dice che c’è un sito internet, se voglio fare una donazione. Lo guardo cercare disperatamente delle informazioni online, e mi si stringe il cuore perché lui non c’entra niente, non è colpa sua.
Di chi è la responsabilità?
Certo non del mio povero bibliotecario. Gli ho fatto notare che il sito era carino, per carità, ma il pubblico che va ancora in biblioteca ( e che può permettersi di donare) appartiene a una fascia d’età che non sempre usa internet, anzi…Lui si è stretto nelle spalle, come a dire “Hai ragione, ma io cosa ci posso fare?”.
Te lo dico io cosa puoi, cosa possiamo fare. Per prima cosa, non aspettarci che un decreto cambi il mondo. E’ come con il crowdfunding, non è mettendo qualcosa online che qualcuno aprirà il portafoglio. Certo, la detrazione è alta ma non è quello il motivo che spinge la gente a donare! Le persone donano perché, come me, per anni hanno respirato l’aria della villa, percorso i suoi corridoi e prendendo in prestito libri (gratuitamente!), condividendo ricordi e immagini di uno stesso paesaggio. Le persone donano perché glielo chiedi!
Così, caro bibliotecario, te lo dico io cosa possiamo fare:
– scriviamo una bella lettera al comune, chiedendo che il personale venga formato adeguatamente
– facciamo una bella donazione (eccerto, chi meglio di te ha a cuore la villa e il suo patrimonio?)
– organizziamo un incontro informativo con la cittadinanza, sopratutto per le persone del quartiere
– ci diamo al guerrilla marketing, mettendo nei libri dei volantini che spieghino come donare (e perché è importante farlo) e spiegando a tutti coloro che voglio un libro in prestito che cos’è l’Art Bonus.
TI sembra poco? E’ un inizio.
TI sembra troppo? Beh, io ci sono, se hai bisogno di una mano. E sai una cosa? Se guardi bene l’aggiornamento sul sito dell’Art Bonus, tra qualche giorno vedrai comparire anche una donazione. La mia.
E chissà che non sia solo la prima…
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